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Marta Signorini, il lato lento della vita

Ho 40 anni, ma talvolta mi sembra di averne 160.

La vita l’ho sempre divorata, gustandomela e tenendo l’asticella a un’altezza tale da far sì che la soddisfazione non fosse matematicamente raggiungibile. Penso di esserci nata, così.


A distanza di tantissimi anni, ancora oggi mia sorella mi rimprovera di quando, da bambine, le intimavo di riporre i vestiti delle bambole nell’esatta posizione in cui erano prima di iniziare a giocare. Crescendo, questo approccio l’ho avuto per tutto: le camicie nell’armadio rigorosamente appese e ordinate per colore, i vasetti in dispensa riposti in ordine di scadenza, le matite appuntate tutte alla stessa altezza, e via dicendo. Penso abbiate capito. Pensavo di vivere in una dimensione perfetta ma, invece, vivevo in una dimensione faticosa e a tratti anestetizzante.

Tutto doveva avere un ordine, il mio ordine. Tutto doveva andare come io avevo deciso, sempre.

La mia vita era un lungo, infinito, diagramma di Gantt, valido per le cose e pure per i sentimenti.

Ho corso tanto, running intendo. Per me era lo sport perfetto per rilanciare con me stessa e, infatti, ho sempre corso da sola. Un giorno di qualche mese fa, mi è stato detto che non avrei più potuto correre a causa di un problema alla schiena. All’inizio ho minimizzato, i soliti medici esagerati. Ma il dolore c’era e pure forte, insostenibile. Non sopportavo l’idea di dover stare ferma e che qualcuno mi avesse obbligato a farlo. Mi sentivo in gabbia e impotente, sentivo l’energia nelle gambe e non sapevo come smaltirla. Niente era come la corsa per me, mi dicevo.

Una mattina non sono riuscita ad alzarmi dal letto a causa del dolore e ho temuto davvero per la mia salute. Mi sono fermata. Sono rimasta tutto il giorno immobile. Non è stato facile ma neppure insostenibile; semplicemente, mi sono arresa, senza sentirmi troppo in colpa.

Era dicembre 2019:

il mio lockdown è iniziato in quel momento, quando ho capito che nel mondo in cui avevo sempre vissuto, avevo iniziato a sentirmi a disagio. Tutto mi sembrava un grande, infinito time lapse, tutto andava troppo veloce: accadimenti, persone, scelte... erano incontrollabili. I problemi erano dunque due: la velocità e il controllo, o meglio l’impossibilità di controllare, in sostanza, i key concept della mia vita.

In quei giorni prenatalizi decisi di fare un esperimento: estraniarmi dal mondo per un week end, perché avevo bisogno di capire come avrei reagito. Quanto ero grave, insomma! Sono state 72 ore di roller coaster emotivo e penso di aver provato tutti gli stati d’animo umanamente ipotizzabili. Al termine dell’esperimento ho preso atto che:

1) ero sopravvissuta;

2) ero molto più riposata;

3) avevo messo al centro il mio piccolo e, a tratti, sconosciuto mondo;

4) avevo derogato all’isolamento solo per fare spazio – via telefono – a poche persone.


Ho scelto consapevolmente a quali persone permettere di “entrare” e non ho risposto a molte chiamate e diverse decine di messaggi. L’ho fatto dando ascolto all’istinto e forzando la mano con l’iniziale senso del dovere. Poi, con il passare delle ore, ho cominciato a dirmi “ci penserò domani”. In quel momento vi era un “oggi” più importante e che meritava più attenzione: il mio oggi.

Non ho mai pensato di essere più importante degli altri e questo mio switch non è mai stato il frutto di un pensiero di arroganza, tutt’altro.

Ho deciso di spegnere i motori per fare un tagliando e individuare le aree critiche su cui agire, perché ho capito che il mondo che mi circondava non sarebbe cambiato magicamente ma solo nel momento in cui avessi, prima di tutto, cambiato me stessa e sistemato, partendo da me, ciò che non mi andava più bene.

Oggetti quasi magici per me

Ho sempre collezionato quaderni, taccuini e pennarelli, sono oggetti quasi magici per me, anche in quest’epoca di digitalizzazione di cui sono famelica utilizzatrice. Scrivo in ordine sparso, disegno, coloro. Ci sono però alcuni quaderni che non ho mai usato, come se non avessi ancora trovato un contenuto degno con cui riempirli. In quel famoso week end ho deciso di inaugurare il più bello di tutti, usandolo per fare l’elenco delle cose che, in quel momento, mi erano parse le più brutte. Intere pagine dove, senza pietà, ho appuntato con dovizia di particolari, le centinaia di cose che non andavano nella mia vita.

Ho diviso tutto per argomenti: Marta dentro, Marta fuori, la casa, i legami, il lavoro, gli altri, i soldi, gli atteggiamenti, le paure. Non ho fatto l’esercizio delle colonne pregi/difetti ma sono andata direttamente al fulcro della questione. Quello che mi piaceva già lo sapevo, avevo bisogno di ufficializzare ciò che non mi piaceva.

Ho impiegato 5 ore, tre caffè, una busta di anacardi, mezzo emmenthal (ma quello piccolo, il formato per single) e due calici di vino. Alla fine il dado era tratto, era tutto sotto i miei occhi. “Ok, ho un sacco di obiettivi”, mi son detta; subito dopo la sindrome del Project Manager ( lo sono davvero, un PM, quindi so di cosa parlo) si è impossessata di me: “ho degli obiettivi ma non un piano”. Panico. Ho bloccato la testa, correggendo il tiro “meglio avere una meta senza conoscere il percorso per raggiungerla, che vagare senza meta. Troverò la strada”.

La strada l’ho trovata e anche il fine ultimo: sono diventata l’ottimizzatrice della mia vita. Il senso della sezione di questo bellissimo progetto che mi è stato chiesto di seguire e che mi accingo a inaugurare è questo: raccontare a chi sarà curioso di leggere come ho fatto a ottimizzare la mia vita, con l’intento che possa essere di ispirazione anche per gli altri.


Perché, come ho scoperto nel corso di questo mio “addestramento”, non si vive bene da felici in un mondo di infelici.

La Bio

di Marta Signorini


Toscana in purezza ed emiliana di adozione, Marta si occupa di comunicazione, marketing e advertising. Innamorata senza rimedio del suo lavoro, ha fatto dell’approccio empatico la chiave per generare valore nel lavoro e nella vita. “Se puoi sognarlo, puoi farlo” è una delle sue frasi preferite e metafora perfetta di come Marta interpreta il suo quotidiano. 



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