Quando corri a perdifiato è difficile concentrarsi su altro. Il paesaggio intorno scompare, i dettagli sono impossibili da discernere e nonostante questa matta velocità ci permetta di sentirci invincibili, impedisce di goderci il viaggio e ci fa perdere la prospettiva. È l’effetto collaterale del voler correre troppo veloci.

L’ospitalità si regge su ritmi dannati: notti sempre lunghe e giorni troppo corti. Mani, visi, sorrisi, impegni, agende, consegne, chiavi del locale, fogli excel, serate piene, due telefoni che squillano insieme, conti aperti e il suono della stampante dietro il banco.
Questi ritmi, a volte, sono pesanti come macigni. Mi sono chiesto, più di una volta, se ne valesse davvero la pena. Le rinunce fatte come uomo sono state tante; giusto per farvi un esempio, il 2019 è stato il mio primo Natale a casa dopo 17 lunghi anni! Ho avuto, però, una fortuna sfacciata nella vita ovvero la mia compagna di vita, che ha sempre compreso i miei ritmi.
Non è mai stato un obbligo, ma solo amore.
Questi sacrifici fatti in nome dell’Ospitalità, però, diventavano leggeri come piume quando il mio Ospite preferito (non ne saprete mai il nome, ma sono sicuro che sta leggendo) mi sussurrava a fine serata “ci vediamo domani, come al solito?”. Ero il solito: il mio bancone ed io eravamo la sua prospettiva. Da quello sgabello bar, lui guardava il suo Mondo, me ne parlava, e sbriciava nel mio.
Quando tornava, il giorno dopo, aveva trovato le risposte ai suoi dubbi, ma me ne lasciava sempre almeno uno irrisolto. Era un rito. “Domani ne parliamo, eh?”.
È stato lui ad insegnarmi a non parlare mai di calcio e politica al bar. “Non prendere posizione”, mi diceva, “offendi sempre qualcuno e va contro il tuo business. Sii giocoliere e faccia da Poker. Il migliore attore non protagonista in scena sposta il riflettore su tutti gli ospiti. Dai loro prospettiva”.
Una sera lui – il mio preferito– ha portato un suo amico, lavoravano insieme. Questo nuovo amico ha chiesto un drink, contemporaneamente, una signorina dall’altra parte del bancone ne chiese uno uguale. Una scelta atipica. Era il drink meno invitante di tutto il mio menù, ne avrò fatti 6 in 6 mesi. Li preparai insieme, li versai insieme, li servii vicini e da bravo oste li introdussi uno all’altro.
“Signorina mi permetta di presentarle questo mio caro Amico, state bevendo lo stesso drink...”
L’Ospitalità è un’arte: dietro il bancone si possono prendere licenze.
Si diventa tante persone: un po’ filosofi, un po’ dottori, economisti ed esperti di tutto e niente.
Ah, dimenticavo, per i più curiosi: quei due dopo aver bevuto quel drink, ne hanno bevuti altri insieme! Sono tornati spesso al mio bancone, sempre insieme. Si sono sposati, hanno avuto un bimbo, bello come il primo giorno di primavera. L’hanno chiamato Francesco.
Il mio Ospite preferito è tornato, qualche giorno dopo la sua nascita e mi ha detto: “non male stare dietro quel bancone, eh? Hanno dato al bambino il tuo nome! Li hai fatti conoscere quella sera, ricordi?”.
“Il bancone è una questione di prospettiva: la mia e la tua; ma i banconi i banconi in sé sono tutti uguali, sai? Hai di fronte a te, tutto in alta definizione e hai l’opportunità di anticipare quello che succederà e di controllarne gli effetti collaterali”.
Da lì dietro, puoi sistemare l’umore della gente se ne diventi capace e, prima o poi, va a finire che l’ospite esca più felice di quando sia entrato; magari avendo imparato qualcosa di nuovo sul Mezcal o avendo incontrato l’amore della sua vita. Sono solo prospettive, certo, ma sono la parte più bella del nostro viaggio.
Rallentate quella corsa quando tornerete dietro il banco, godetevi quelle prospettive a pieni polmoni.
Il viaggio, a volte, è più bello della meta.
La Bio
di Francesco Galdi
Ha iniziato la sua carriera in giovane età avendo la fortuna di nascere in una famiglia, che già lavorava nel mondo dell’ospitalità. Nel suo percorso ha saputo cambiare casacca in diverse occasioni, riuscendo a ricoprire quasi tutti i ruoli del settore food&beverage. Dalla gelateria alla panetteria, fino alla sommelerie per poi approdare al mondo del Bartending.
All’età di 25 anni è Bar Manager di Palazzo Madama a Torino con il compito di dirigere un team di dieci persone, occuparsi di eventi e, soprattutto, di comprendere come il cuore di questo lavoro sia l’Ospitalità e l’Atmosfera che si crea per ciascun ospite.
Nel 2016 vince la Global Tanqueray Competition e si classifica al 3° posto nella World Class UAE 2017. L’anno successivo è premiato come World Class Bartender of the Year in italia.
Nel 2017 è responsabile food&beverage di The Yard Hotel, uno dei boutique hotel più glamour in Europa. Mentre nel 2019 viene chiamato dal Buddha Bar Group come Corporate Beverage Manager, ruolo che attualmente ricopre.
