Da Candida, il ristorante di Campione d’Italia dove la Francia incontra il Mediterraneo
Questo periodo è molto difficile. Il Covid ha profondamente modificato le abitudine della gente, questo susseguirsi di restrizioni e divieti rende impossibile la vita come eravamo abituati. Il mondo della ristorazione è uno di quelli più penalizzati, ma tra una chiusura e l’altra si cerca di normalizzare la propria vita, come andando al ristorante. Nel rispetto delle norme anti Covid sono andato a pranzo a Campione d’Italia, nello stellato Da Candita, a provare la cucina dello chef patron Bernard Fournier che ha saputo unire sapientemente la cucina francese alla cucina mediterranea contemporanea grazie anche al talento dello chef de cuisine Giovanni Croce.
Da Candida è un luogo intimo, accogliente, ricco di storia e di idee, è una piccola bomboniera in cui la cucina francese di Bernard Fournier incontra e sposa la cucina mediterranea e contemporanea del talentoso chef siciliano Giovanni Croce.
Questo ristorante, una stella Michelin da diversi anni, è dunque caratterizzato da una cucina capace di unire la tradizione d’oltralpe ai profumi e ai sapori mediterranei del Sud Italia. Questa è proprio la particolarità del ristorante, la continua ricerca nell’unione di due culture ricche di valori, di passione e di storia.

Lo chef patron Bernard Fournier è nato a Baccarat in Francia nel 1956. Penultimo di sette fratelli ha abbandonato presto la sua casa per iscriversi alla scuola alberghiera di Strasburgo. Ha lavorato nel ristorante Shillinger di Colmar per poi imbarcarsi sulla nave da crociera Mermoz della compagnia Paquet per cinque anni. Una volta ritornato in Francia ha fatto parte della direzione dell’Hilton a Parigi ed è infine approdato in Italia dove nel 1984, insieme alla moglie, ha preso in gestione l’Orso Grigio a Trento. Nel 1992 ha preso in gestione il ristorante Da Candida a Campione d’Italia, dove ha creato il suo mondo.
Nel 1994 ha dato vita al “Le Royal Fournier“, con il quale commercializza diversi prodotti selezionati e preparati da lui, come il Foie Gras d’anatra mullard, preparato in diversi gusti, il salmone affumicato in casa, la coscia di anatra confit, le confetture e molti altri prodotti da poter acquistare o gustare direttamente al ristorante.
Negli ultimi anni lo Chef ha deciso di occuparsi soprattutto dell’accoglienza e del servizio in sala, lasciando il timone della sua cucina a Giovanni Croce. Nato a Erice, in provincia di Trapani, ha frequentato la Scuola Alberghiera è la sua voglia di migliorarsi lo ha portato a specializzarsi all’Alma e, a soli 19 anni, è entrato a far parte della cucina di Carlo Cracco e da lì un percorso che ne ha aumentato la conoscenza lavorando in cucine di alto livello, da una prima esperienza Da Candida alla trattoria di Alan Ducasse a Montecarlo, dl Diamond di Lugano al ristorante Giapponese Sushi B a Milano. Dopo alcuni anni è ritornato al ristorante Da Candida dove ha preso in mano le redini della cucina.

Le premesse per un pranzo interessante c’erano tutte, peccato che a causa del susseguirsi di aperture e chiusure il menù ne ha risentito e la carta era ridotta rispetto ai periodi normali. Il servizio si è aperto con un calice di champagne Dosnon Recolte Noire accompagnato da un paio di stuzzichini: un cracker soufflé di farina di farro ripieno di Bleu di capra e una fresca mini crêpes alla curcuma con ciccioli di anatra, cipolla e zucca in agrodolce. Non si poteva non assaggiare una terrina di foie gras d’anatra, proposte in ben sette diverse versioni, e da buon inglese ho optato per quella al whisky torbato scozzese. Ho abbinato a questo piatto un calice di Sauternes Château Lamothe Guignard (Grand Cru Classé) 2016. L’accostamento era azzeccato e il mio palato non ha ancora smesso di ringraziare per la scelta. Per la cronaca le altre versioni di foie gras sono al vin santo del Trentino, al pepe verde di Sichuan, al passito di Pantelleria, alla vaniglia di Tahiti, al fior di sale e al sauternes.

Ho proseguito con una calamarata con peperoncino verde, cime di rapa e ricci di mare. Il piatto è risultato armonioso, tutti gli ingredienti si sposano tra loro dando vita a un sapore di mare fresco e potente. Gioele, il ragazzo che si occupa del servizio in sala, ha proposto in abbinamento un calice di fresco Ortrugo dei Colli Piacentini Baciamano della Cantina Mossi.
Il dessert scelto è una tarte tatin alle mele golden con crema soffice ai chiodi di garofano. In abbinamento scelgo un calice di Moscato d’Asti Bricco Quaglia La Spinetta 2020. Assieme al caffè viene portata della piccola pasticceria composta da un cremino, cioccolato bianco alla mandorla e da un mini cannolo siciliano con ricotta e arancia candita. La giusta coccola finale, il preludio a un digestivo spiritoso, un Cognac Fine Champagne Vsop Selection Peuchet. Un pranzo capace di soddisfare tutte le aspettative, sia dal punto di vista della cucina sia per quanto riguarda il locale. La normalità piace.